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"Giacomo da anni si batte, in tutte le sedi e con ogni mezzo (anche quello letterario), per vincere il silenzio. Il silenzio su fatti di cronaca è una pericolosa illusione. La storia coniugata con le emozioni, la storia coniugata con il romanzo, aiuta a vincere sia la democrazia da audience che la democrazia indifferente. [...] Leggere i racconti di Cavalcanti e non immedesimarsi nella storia è praticamente impossibile: scorrendo le sue pagine ascolti le voci dei protagonisti, senti sulla pelle l'umidità della cella, riesci ad immaginare i volti dei 'compagni di prigionia'. Cavalcanti racconta storie di detenuti e non e lo fa attraverso un linguaggio pulito, semplice, diretto e non volgare. [...] In questo suo romanzo talvolta l'autore si trasforma in un poeta con un registratore o una cinepresa. Tensione ed impegno hanno sempre animato i suoi scritti. Questo è un lavoro arduo. Arduo sì, ma c'è!"